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Alter Ego, Droga e
cervello
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farmacologia delle droghe |
1.
Oppioidi |
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1.1 Meccanismi
d'azione e tossicità
Con il termine
oppioidi si indicano le sostanze derivate dall'oppio, come
la codeina, la morfina che ne è l'alcaloide principale, e
gli altri derivati semisintetici di quest'ultima molecola,
prima fra tutti la diacetilmorfina: l'eroina.
Esistono forti
somiglianze strutturali tra alcune parti delle molecole di
oppioidi e le endorfine. Per questa ragione, gli oppioidi
sono in grado di modulare le funzioni dei neuroni che
presentano recettori per le endorfine, legandosi ad essi.
Gli effetti indotti dall'assunzione di oppioidi, pertanto,
sono mediati dalle alterazioni funzionali da essi prodotte
sulle strutture cerebrali in cui sono localizzati i
recettori per le endorfine.
Gli oppioidi, come le endorfine, possiedono di norma una
attività di tipo inibitorio sulle funzioni dei neuroni. L'attività inibente sui neuroni delle strutture
che possiedono recettori per le endorfine, illustrate nel
capitolo sul cervello, ci fa comprendere le basi biologiche
dei maggiori effetti degli oppioidi a livello cerebrale.
L'azione principale degli oppioidi a livello del sistema
nervoso è quella analgesica. La morfina è ancora oggi
l'antidolorifico più efficace ed usato nella pratica medica.
Gli oppioidi riducono l'attività dei neuroni presenti nelle
strutture implicate nella percezione delle varie componenti
del dolore. L'effetto analgesico della morfina si realizza
quindi in maniera duplice: da una lato innalza la soglia
percettiva del dolore, riducendo quindi l'intensità della
stimolazione dolorifica percepita, e dall'altro -
soprattutto - attenua la componente emotiva del dolore. Per
cui il soggetto continua ad avvertire il dolore ma non
sperimenta l'ansia, la paura e l'afflizione psicologica
solitamente congiunta alla sofferenza fisica.
Gli oppiodi,
quindi, inibiscono le funzioni dei centri della respirazione
e della tosse, deprimendo così la ventilazione polmonare,
tanto che gran parte dei decessi immediati da overdose di
eroina è determinata da insufficienza respiratoria.
Gli oppioidi, infine, abbassano l'attività dei neuroni del
locus coeruleus e del sistema limbico, generando una serie
di effetti a livello emotivo di natura soggettivamente
variabile, che dipendono non soltanto dall'azione
farmacologica della sostanza ma da fattori d'ordine
psicologico e condizionamenti di tipo culturale (motivazioni
all'abuso di droga, aspettative, profilo caratteriale,
valore culturale dell'abuso, ecc.). Nella grande variabilità
soggettiva degli effetti psicologici emergono tuttavia dei
tratti emotivi in qualche modo ricorrenti in ogni soggetto
che fa uso di oppioidi e che sono forse da addebitare
all'azione inibitoria di tali sostanze sulle strutture
anatomiche implicate nel comportamento emotivo e
motivazionale: una sensazione di distacco dal mondo e di
disinteresse verso le cose, una forte tendenza all'apatia e
l'assenza di ogni preoccupazione. È probabilmente questa
sorta di anestesia emotiva (con la connessa abolizione di
ogni stress) a rendere desiderabili gli oppioidi soprattutto
alle persone con problemi di adattamento. L'abuso di
oppioidi, in tal senso, rappresenterebbe il tentativo di aggiustare gli equilibri biopsicologici in
qualche modo compromessi, attenuando artificialmente la
connotazione emotiva delle esperienze e delle circostanze
esistenziali.
L'assunzione
endovenosa di eroina provoca in pochi secondi quello che
nel gergo dei tossicodipendenti viene chiamato "flash",
l'esplosione di un intenso piacere, simile all'orgasmo
sessuale, con sensazioni di caldo ed euforia. Questo stato
acuto, che generalmente si esaurisce nel giro di un solo
minuto, è accompagnato da prurito, restringimento delle
pupille, abbassamento del ritmo cardiaco e della pressione
arteriosa. Segue quindi un marcato rallentamento dei
processi ideomotori ed uno stato di sonnolenza. L'assunzione
di oppioidi inibisce inoltre la liberazione di sostanze
prodotte da un importante centro nervoso, l'ipotalamo,
attraverso le quali il cervello controlla e dirige le
funzioni dell'ipofisi, la ghiandola maestra del sistema
endocrino. In tal modo, gli oppioidi scompensano gli
equilibri ormonali, in special modo quelli che sono alla
base del normale funzionamento dell'apparato riproduttivo.
Notevole è anche l'azione a livello gastrointestinale. Gli
oppioidi riducono la secrezione di acido cloridrico nello
stomaco, della bile e del succo pancreatico a livello
dell'intestino e ritardano in tal modo i processi digestivi.
La motilità intestinale è fortemente depressa, tanto che a
livello dell'intestino crasso le onde peristaltiche sono di
fatto abolite e ciò, unitamente all'inibizione dello stimolo
sensoriale che a livello cerebrale determina il riflesso
della defecazione, spiega il marcato effetto costipante
della morfina e dell'eroina. |
Papavero da oppio e oppioidi
derivati
Localizzazione dei recettori per
gli oppioidi sul midollo allungato
PET che compara l'attività del
cervello normale con quello sotto l'effetto dell'eroina.
Clicca sull'immagine per un ingrandimento. |
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1.2 Tolleranza
e dipendenza
Sicuramente più
gravi e complesse delle alterazioni connesse all'uso e
all'abuso degli oppioidi appena descritte sono le intricate
problematiche biopsicologiche della tolleranza e della
dipendenza a tali sostanze. La tolleranza, cui comunemente
ci si riferisce con il termine improprio di assuefazione, è
in generale il fenomeno biologico dell'adattamento
dell'organismo alla presenza di sostanze tossiche e per il
quale si dà una progressiva riduzione degli effetti
farmacologici a parità di dose. La tolleranza, in sostanza,
costringe un individuo ad assumere dosi sempre crescenti di
droga per ottenere gli stessi effetti. In generale, la
tolleranza dipende:
- dalla
modificazione nella sintesi e nell'eliminazione del
neurotrasmettitore attraverso il quale agisce la droga;
- da modificazioni
a livello dei recettori su cui la sostanza agisce;
- da aggiustamenti
funzionali esplicati dagli apparati nervosi su cui agisce la
droga e da altre strutture organizzate del cervello da essa
non direttamente influenzate, che tendono a contrastare e a
compensare le alterazioni prodotte dalle sostanze
psicoattive.
Nel caso della
tolleranza alla morfina e all'eroina, l'apporto di oppioidi
dall'esterno costringe i neuroni a contenere l'incremento
della stimolazione dei siti recettoriali per le endorfine,
su cui gli oppioidi vanno ad agire. Ciò si ottiene
diminuendo da un lato la densità dei recettori per le
endorfine e inibendo dall'altro la loro sintesi. L'uso
cronico degli oppioidi, in definitiva, porta i neuroni dei
sistemi regolati dalle endorfine a delegare le funzioni di
controllo alla droga. Essi divengono di fatto incapaci di
agire senza la presenza della sostanza tossica. Ciò porta ad
una progressiva riduzione della risposta alla droga e alla
necessità di un continuo apporto esterno di oppioidi per
permettere il normale funzionamento dei sistemi endorfinici,
cioè a dire alla dipendenza fisica. È questa la ragione per
la quale l'interruzione improvvisa dell'assunzione
dell'eroina nei tossicodipendenti provoca l'insorgenza
drammatica della sindrome d'astinenza. L'assunzione abituale
di oppioidi determina inoltre l'attivazione compensatoria
della trasmissione neuronale nei circuiti inibiti dalla
droga. Ciò innesca un circolo vizioso fisiologico.
L'ipereccitabilità di tali circuiti nervosi, infatti,
comporta a sua volta la necessità di dosi sempre più elevate
di oppioidi per essere controllata, provocando così un
progressivo innalzamento del livello di tolleranza e una
dipendenza fisica sempre più dura. L'iperfunzionalità
compensatoria si esprime prepotentemente nella sindrome
d'astinenza, quando, con l'interruzione dell'assunzione di
oppioidi, viene a mancare la sostanza che ne controllava le
manifestazioni.
Anche un altro
neurotrasmettitore sembra coinvolto nei fenomeni della
tolleranza e della dipendenza agli oppioidi: la
noradrenalina. Il locus coeruleus, infatti, la stazione
d'origine delle fibre contenenti noradrenalina, presenta
recettori per gli oppioidi. La somministrazione di queste
ultime sostanze produce inibizione dell'attività elettrica
del locus coeruleus e la sua stimolazione provoca effetti
simili a quelli della sindrome d'astinenza. L'inibizione da
oppioidi dei neuroni contenenti noradrenalina del locus
coeruleus si riduce dopo ripetute somministrazioni, al
contrario, l'interruzione della somministrazione delle
stesse sostanze induce un aumento dell'attività di tali
neuroni.
La dipendenza
possiede inoltre una forte compenente psicologica,
quella che soggiace all'impellente desiderio, all'assoluta
necessità della droga (quello che gli anglossassoni chiamano
Craving). La dipendenza psicologica deriva dalla
gratificazione che l'individuo ottiene dall'assunzione della
droga e dalla necessità di evitare il malessere che
sperimenta quando ne è privo (la sindrome d'astinenza). Pur
avendo una base biologica, la dipendenza psicologica è
soprattutto il prodotto di rappresentazioni affettive e
cognitive, per cui le sue manifestazioni sono assolutamente
soggettive e collegate ad esperienze individuali e contesti
socio-culturali. |
SPECT che compara i livelli di
attività tra il cervello di un soggetto sano e quello di un
soggetto eroinomane. Clicca sull'immagine per un
ingrandimento
PET che illustra l'attività
cerebrale in caso di dipendenza e nella sindrome
d'astinenza. Clicca sull'immagine per un ingrandimento
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1.3
Complicazioni mediche connesse all'abuso di oppioidi
La patologia più
grave direttamente legata all'abuso di oppioidi è la
sindrome da iperdosaggio, l'overdose. Il sintomo più grave
dell'iperdosaggio da oppioidi è la depressione respiratoria,
che può portare alla morte immediata per insufficienza
respiratoria, per asfissia. Marcata è anche una generale
inibizione delle funzioni del sistema nervoso centrale che
può portare al coma. È presente quindi una grave depressione
cardiovascolare che determina notevoli alterazioni nei
processi di scambio dei liquidi tra sistema circolatorio e
tessuti e quindi accumulo di fluidi negli spazi tra le
cellule degli organi (edema), soprattutto del cervello e dei
polmoni. I decessi da complicazioni da overdose sono dovuti
nella maggior parte dei casi a gravi edemi cerebrali acuti.
L'overdose può
causare inoltre problemi vascolari, come la formazione
di trombi (masse semisolide di elementi del sangue coagulati
nei vasi) nelle arterie cerebrali. L'occlusione delle
arterie determinata dalla presenza dei trombi provoca una
insufficiente irrorazione sanguigna (ischemia) delle cellule
cerebrali e quindi la loro morte. Ciò porta a deficit più o
meno seri nelle funzioni svolte dalle parti del cervello
colpite da ischemia. L'overdose induce frequentemente
l'insorgenza di un delirio acuto, che generalmente si
risolve in pochi giorni ma che, talora, può anticipare lo
svilupparsi di demenze organiche e deterioramenti cognitivi.
La gran parte dei
decessi connessi all'uso di eroina, tuttavia, non sembra
imputabile a iperdosaggio dell'oppioide. La morte da reale
overdose generalmente si dà nei soggetti che non hanno
sviluppato tolleranza alla droga, e questo non è il caso dei
tossicodipendenti, ma di coloro che assumono l'eroina per la
prima volta o dei tossicomani disintossicati che si
riavvicinano nuovamente all'eroina. Per comprendere le cause
dei decessi dei tossicodipendenti, in numero di gran lunga
superiore a quello registrato nelle fila dei neofiti
dell'eroina, invece, occorre tenere presente, in primo
luogo, che l'eroina di strada è una miscela di più sostanze
e che molto spesso l'autosomministrazione della droga è
accompagnata dall'assunzione di altre sostanze intossicanti,
come droghe diverse dall'eroina, alcool e psicofarmaci
(benzodiazepine e barbiturici). Molti casi di morte sono
dovuti infatti dalla deliberata ingestione di l'alcool e di
farmaci tranquillanti, sostanze che amplificano taluni
effetti letali propri dell'eroina, come quello di inibizione
della respirazione e delle funzioni cardiovascolari. Molti
altri decessi sono invece da imputare a altri fenomeni di
sommazione della tossicità, quelli dovuti alle varie
sostanze usate per il "taglio", dell'eroina spacciata in
strada, dalla stricnina al chinino, dal talco all'efedrina,
dalla nicotina al cianuro, dall'acido salicilico all'amido.
Non infrequenti sono inoltre i casi di morte per shock
anafilattico, per reazioni immunitarie acute alle sostanze
da taglio o ad altre impurità presenti nell'eroina di
strada.
Sindrome
d'astinenza
Un'altra patologia
direttamente connessa alla dipendenza da oppioidi è la
sindrome d'astinenza. La sindrome d'astinenza si determina
nei soggetti tossicodipendenti in seguito alla sospensione
dell'assunzione abituale di droga. La sua gravità dipende
dalla gravità della dipendenza sviluppata verso la sostanza
di cui fa abuso. Nel caso della sindrome d'astinenza da
oppioidi si presentano, per un effetto di rimbalzo, dei
sintomi clinici di segno opposto a quello determinato
dall'assunzione di tali sostanze. Avremo quindi in
successione: ansia, irritabilità, sudorazione, lacrimazione,
secrezioni nasali, tremori muscolari, piloerezione,
anoressia, insonnia, ipertensione, tachicardia, nausea,
vomito, diarrea, eiaculazione spontanea o orgasmo,
insufficienza renale, ed infine una serie di alterazioni a
carico del sangue. Nei casi di forte dipendenza all'eroina,
la sindrome può cominciare addirittura dopo sole otto ore
dall'ultima assunzione della droga. Il picco di gravità dei
sintomi viene raggiunto verso i tre giorni e può durare per
48 ore. La sindrome infine si risolve dopo 7-10 giorni dal
suo inizio con la scomparsa dei sintomi dell'astinenza e la
disintossicazione fisica. La normalizzazione completa degli
equilibri fisiologici richiede tuttavia molto più tempo e
alcune patologie contratte con la tossicodipendenza possono
permanere per il resto della vita. Anche la dipendenza
psicologica possiede vita molto più lunga di quella fisica.
Il bisogno (craving) di droga, evocato dal ricordo del
piacevole distacco dal mondo connesso all'uso dell'eroina o
da altri fattori psichici e sociali, può restare presente e
indurre ad un uso di tipo recidivo, con ripetitute
remissioni e ricadute nella tossicodipendenza.
Patologie non
direttamente connesse agli oppioidi
La
tossicodipendenza e, in particolare, l'eroinomania portano,
indipendentemente dalla presenza dell'AIDS, a notevoli
disturbi delle funzioni del sistema immunitario e quindi
diminuiscono la resistenza alle malattie. Per questa
ragione, unitamente alla relativa cura dell'igiene cui sono
costretti coloro che fanno uso di eroina di strada (scambio di siringhe,
promiscuità sessuale, cattiva igiene degli strumenti per la
preparazione e l'assunzione della dose, contaminazione
batterica delle dosi acquistate, ecc.), le infezioni
batteriche e virali hanno in questo gruppo sociale
un'incidenza notevolmente maggiore che nel resto della
popolazione. Esse sono responsabili di alcune delle
numerosissime affezioni di varia gravità che colpiscono gli
eroinomani, tra le quali:
- setticemie, con
o senza endocarditi (infiammazioni delle membrane delle
valvole e delle pareti interne del cuore ad elevata
mortalità);
- polmoniti;
- infezioni delle
ossa, delle articolazioni e dei reni;
- epatiti virali;
- AIDS;
- Toxoplasmosi;
- Citomegalovirus;
- ascessi, lesioni
e ulcere della pelle;
- infiammazioni
dei vasi
A livello
polmonare, la presenza di corpi estranei o di sostanze da
taglio per l'eroina può causare l'insorgenza di granulomi.
Gli eroinomani sono maggiormente esposti al rischio di
contrarre la tubercolosi rispetto alla popolazione generale.
Negli eroinomani si possono osservare, inoltre, pleuriti
purulente, asma, embolie da infezione microbica.
Un disturbo al
sistema nervoso correlato alla eroinomania piuttosto diffuso
è quello dell'ambliopia tossica da chinino. Il chinino,
usato per tagliare l'eroina di strada, esercita un'azione
tossica sulle strutture del sistema nervoso preposte alla
sensibilità visiva e quindi la sua assunzione abbassa la
vista sino a provocare la cecità. L'eroina di strada è
spesso prodotta da chimici improvvisati che tavolta possono
giungere a sintetizzare e quindi spacciare sostanze
estremamente tossiche per i tessuti cerebrali. È il caso
dell'MPTP, un'eroina sintetica capace di distruggere
selettivamente i nuclei cerebrali preposti al controllo del
movimento e di provocare, nel giro di poche ore
dall'iniezione, forme gravissime di parkinsonismo, sino alla
completa rigidità muscolare.
Eroina e
funzioni sessuali e riproduttive
L'eroina
interferisce con la regolazione centrale del sistema
endocrino e quindi altera le funzioni in cui sono implicati
processi ormonali. Le funzioni sessuali risultano
vistosamente influenzate. Si manifestano nell'uomo una
diminuzione della libido sessuale, impotenza, eiaculazione
ritardata, diminuzione della fertilità. Nella donna, invece,
sono comuni le turbe al ciclo mestruale.
Le eroinomani
presentano in media un maggiore rischio di aborti spontanei
e parti prematuri. I bambini di madri eroinomani hanno uno
sviluppo fetale minore della media e, al contrario, una
mortalità superiore. Un elevato rischio di mortalità è
quello connesso alla manifestazione nei neonati della
sindrome d'astinenza. La dipendenza fisica all'eroina
infatti si trasmette dalla madre al feto e conseguentemente
il neonato va immediatamente trattato con terapia
farmacologica adeguata. |
Intervento per caso di overdose
Laboratorio clandestino per la
preparazione di dosi di eroina da strada
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2. Cocaina |
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2.1 Modalità
d'assunzione ed effetti
La cocaina è il
principale alcaloide delle foglie della pianta di Coca. Gli
effetti e la tossicità della cocaina sono condizionati dalla
modalità e dal tipo di forma con cui viene assunta. Fattori
fondamentali sono la velocità di assorbimento e la
concentrazione della cocaina nella forma in cui viene
assunta.
La forma più
diffusa in cui si presenta la cocaina è quella della
cosiddetta cocaina di strada. Tale presentazione è
abbondantemente adulterata da tagli più o meno attivi
farmacologicamente (una dose presenta mediamente non più del
50-60% di cocaina), per cui gli effetti e la tossicità
(purtroppo sempre maggiore nelle droghe spacciate) sono
molto diversi da quelli propri della cocaina pura.
La cocaina viene
assunta attraverso:
- il fumo dei
prodotti di combustione allo stato solido: pasta di coca;
- il fumo dei
vapori: free-base e crack, un metodo caratterizzato da
grande velocità di assorbimento, rapidità e quindi anche
bevità degli effetti, la cocaina in tali presentazioni non
supera le concentrazioni del 50%;
- la via orale,
per ingestione, un uso che comporta un assorbimento
piuttosto lento e scarso, con effetti non intensi ma più
persistenti;
- la via
intranasale, attraverso il cosiddetto sniffo, il metodo più
diffuso, facile e caratterizzato da grande velocità di
assorbimento, intensità e brevità degli effetti;
- la via
endovenosa, quella più pericolosa in quanto permette
l'assorbimento completo della sostanza e determina alte
concentrazioni di cocaina nel sangue in tempi ridottissimi;
- per assorbimento
delle mucose orali.
La cocaina
possiede principalmente tre tipi di effetti:
- anestetico a
livello locale;
-
simpaticomimetico, cioè a dire riproduce le risposte
fisiologiche dell'attivazione del sistema nervoso simpatico:
tachicardia, vascocostrizione, ipertermia, aumento della
pressione arteriosa, ecc.;
- stimolante del
sistema nervoso centrale: aumenta la vigilanza,
induce euforia, acuisce le sensazioni percettive, dà un
senso di accresciuta forza fisica e capacità mentale,
abolisce il sonno e la fame. Gli effetti psicologici sono di
natura estremamente variabile in quanto dipendono dagli
stati emotivi e dalle aspettative connesse all'assunzione
della sostanza e dal valore accreditato alla cocaina.
L'effetto preminente è comunque quello dell'aumento del
senso dell'Io, che può andare però dalla semplice
all'amplificazione parossistica dell'ego, con degenerazioni
psicopatologiche di carattere maniacale (megalomania, manie
di persecuzione, ansie di carattere paranoico).
La cocaina assunta
per via intranasale agisce in maniera estremante rapida,
raggiungendo in pochi secondi il cervello e provocando una
brevissima sensazione di intenso piacere, il rush. La
velocità d'azione farmacologica della cocaina, però, fa sì
che l'euforia che si instaura dopo il rush svanisca dopo una
trentina di minuti, lasciando il soggetto in condizioni di
ansia, depressione ed irritabilità (stato cui i consumatori
abituali si riferiscono col termine down) ed inducendolo a
ripetere l'assunzione della dose. Questa modalità
d'assunzione, pertanto, conduce facilmente al consumo
cronico della cocaina e allo svilupparsi della dipendenza.
La natura degli
effetti della cocaina varia non soltanto in dipendenza
dell'entità della dose, ma anche con la frequenza con la
quale essa viene assunta. L'abuso cronico di cocaina
conduce, infatti, alla cosiddetta tolleranza inversa, un
fenomeno per cui il soggetto diviene via via più sensibile
ad alcuni degli effetti, nel caso della cocaina a quelli
psicotomimetici, gli effetti cioè che imitano stati
psicotici (allucinazioni, deliri, paranoie).
Con l'uso
abituale, il malessere psicofisico che si accompagna
all'esaurimento degli effetti della cocaina diviene sempre
più spiacevole e difficile da sopportare e si configura come
una reale sindrome d'astinenza, i cui sintomi principali
sono la depressione, l'esaurimento fisico, l'irritabilità e
soprattutto il desiderio compulsivo e irrefrenabile della
cocaina. La prostrazione che segue tale stato in gergo viene
appropriatamente chiamata crash. |
Foglia e seme di Coca
Cocaina
Effetti a lungo termine della
Cocaina. Clicca sull'immagine per un ingrandimento |
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2.2 Meccanismi
d'azione
Gli effetti della
cocaina sul sistema nervoso centrale sono dovuti all'azione
che essa esercita sulla neurotrasmissione mediata dalla
dopamina. La dopamina è il neurotrasmettitore fondamentale
del sistema di ricompensa cerebrale ed entra in azione in
tutte le situazioni in cui si sperimentano sensazioni
gratificanti e piacevoli.
La cocaina
impedisce il riassorbimento della dopamina da parte delle
terminazioni nervose, ciò determina un aumento della
disponibilità del trasmettitore nervoso a livello sinaptico
e un incremento della trasmissione nervosa dopaminergica e
quindi una iperfunzionalità dei sistemi cerebrali del
piacere e della ricompensa.
L'iperfunzionamento cronico di tali sistemi indotto dalla
cocaina porta ad un deficit della dopamina. La carenza di
dopamina così instauratasi provoca, quando viene a mancare
la stimolazione della cocaina, il blocco della trasmissione
nei sistemi di ricompensa e del piacere nel cervello. Questo
fenomeno è alla base della depressione e dell'esaurimeno
psicofisico che compaiono durante l'astinenza nei
cocainomani. |
Animazione dei Meccanismi
d'azione della cocaina. Clicca sull'immagine per
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2.3
Complicazioni mediche connesse all'abuso di cocaina
Le reazioni
negative all'intossicazione acuta da cocaina investono sia
la sfera fisica che quella psichica. I disturbi fisici
caratteristici sono quelli della tachicardia, della
sudorazione, delle contratture muscolari, della nausea, dei
tremori, della anoressia e dell'insonnia. Per quanto
riguarda gli aspetti psicologici e comportamentali vanno
annoverati l'ipereccitazione, l'ansia, la tensione,
l'aggressività e le allucinazioni. Molto spiacevoli sono
inoltre i sintomi che si instaurano dopo l'esaurirsi
dell'effetto, soprattutto la depressione.
L'intossicazione
acuta da iperdosaggio di cocaina si manifesta in maniera
piuttosto drammatica con deliri, allucinazioni,
comportamenti aggressivi e violenti, polso irregolare,
collasso, infarto al miocardio e al cervello, convulsioni,
shock, coma, ictus, arresto del respiro.
L'abuso continuato
di cocaina porta ad una riduzione dell'attività metabolica
dei neuroni cerebrali e quindi ad una diminuzione della loro
funzionalità (Fig. 25). L'intossicazione cronica di cocaina
può portare a un vistoso deperimento organico (per anoressia
e insonnia) e a gravi turbe neurologiche e psichiatriche. Le
alterazioni neurologiche sono rappresentate da tremori, tic,
corea, attacchi epilettici, convulsioni e paralisi. Le turbe
psichiatriche tipiche dell'abuso cronico di cocaina sono
invece le manie, i comportamenti ripetitivi e stereotipati,
i deliri paranoici.
L'uso cronico di
cocaina può determinare epatiti tossiche, disturbi
respiratori (nel ritmo e nella profondità), perforazione del
setto nasale (nel caso di assunzione per via intranasale),
infiammazione delle vie aeree e broncospasmo nel caso di
fumo di crack. L'uso continuativo di cocaina produce
alterazioni al sistema endocrino, influendo soprattutto
sugli equilibri ormonali che controllano le funzioni
sessuali.
Col progredire
dell'intossicazione cronica, contrariamente a quanto succede
per gli eroinomani, il fenomeno della tolleranza inversa
espone i cocainomani a un rischio sempre maggiore di
overdose. Parecchi sono i sintomi che indicano che si sta
raggiungendo il livello di iperdosaggio, esponendosi quindi
ai rischi, talvolta anche mortali, in esso implicati: sudore
freddo, pallore, ansia, aggressività, insonnia, eccessiva
irritabilità. Chi consuma cocaina dovrebbe prestare estrema
attenzione a questi sintomi. Essi infatti indicano che
l'organismo non è più in grado di tollerare ulteriori dosi
di cocaina e che l'overdose è alle porte.
L'uso di cocaina
da parte delle donne in gravidanza può causare rottura della
placenta e aborto. I neonati di madri cocainomani hanno uno
sviluppo ponderale minore della media, presentano molto
spesso delle anomalie nell'attività elettroencefalografica e
possono talvolta manifestare il quadro tipico della sindrome
d'astinenza alla cocaina. La cocaina è presente nel latte di
donne dedite a tale droga e viene pertanto assunta dal
neonato in allattamento. |
Crack |
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3.
Amfetamine |
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3.1 Effetti e
meccanismi d'azione
Le amfetamine sono
un gruppo di sostanze di sintesi messe a punto negli anni
'30 come farmaci per la terapia dell'asma. Le amfetamine
possiedono infatti, oltre alle proprietà stimolanti,
euforizzanti ed anoressizzanti, un'azione broncodilatatrice.
Gli effetti delle amfetamine, eccetto che per l'azione
anestetica, coincidono con quelli propri della cocaina. Anche i sistemi nervosi su cui agiscono le amfetamine
corrispondono a quelli interessati dall'azione della
cocaina. Le amfetamine inibiscono il riassorbimento della
dopamina da parte delle terminazioni nervose dopo la
neurotrasmissione e determinano un maggiore rilascio di tale
neurotrasmettitore da parte dei neuroni che lo contengono. Le molecole di amfetamina possiedono inoltre una
somiglianza strutturale la noradrenalina, un
neurotrasmettitore, come abbiamo visto, implicato
nell'attivazione cerebrale e nella regolazione emozionale.
Ciò contribuisce a spiegare le proprietà psicostimolanti di
tale sostanza d'abuso. |
PET effetti amfetamine. Clicca
sull'immagine per un ingrandimento
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3.2 Tolleranza
inversa e tossicità
Le amfetamine,
come la cocaina, producono il fenomeno della tolleranza
inversa ad alcuni degli effetti (soprattutto quelli
psicotropi), mettendo a maggior rischio di overdose proprio
coloro che assumono abitualmente tali sostanze. Gli effetti
della cocaina e delle amfetamine che vanno incontro a
tolleranza inversa sono praticamente identici
(sensibilizzazione crociata). È pertanto inutile e
pericoloso, per chi fa uso abituale di una di queste
sostanze stimolanti, passare all'uso dell'altra per evitare
la sindrome da iperdosaggio.
Nell'uso cronico,
l'astinenza produce, come la cocaina, forte depressione
psicofisica e quindi bisogno irresistibile di amfetamine.
Per questa ragione la dipendenza a tali sostanze è
soprattutto di natura psicologica.
La tossicità acuta
e cronica delle amfetamine ricalca in gran parte quella
descritta per la cocaina. Le amfetamine sembrano però avere
una diversa tossicità sul sistema nervoso centrale. Sugli
animali sottoposti a forti dosaggi di amfetamine è stata
osservata infatti una degenerazione permanente dei neuroni
contenenti dopamina, con una conseguente incapacità di
sperimentare il piacere e la ricompensa (anedonia). Ciò
potrebbe spiegare l'anedonia persistente talvolta riferita
dai forti consumatori di amfetamine. |
Animazione dei Meccanismi
d'azione delle amfetamine. Clicca sull'immagine per
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4. Canapa indiana |
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4.1 Effetti
Gli effetti della
canapa indiana sono estremamente variabili. Essi sono
diversi da individuo ad individuo in quanto dipendono dalla
qualità e dalla quantità della dose, dalla via di
assunzione, dal contesto in cui la droga viene assunta,
dalle aspettative, e dalla base biologica individuale su cui
si va ad esercitare l'azione psicotropa della sostanza.
Esiste comunque
una serie di effetti più caratteristici e ricorrenti così
descrivibile:
- senso di
distacco dal mondo, benessere, euforia;
- sedazione e
sonnolenza;
- distorsione del
senso del tempo, dello spazio e della visione;
- occasionalmente,
illusioni ed allucinazioni.
L'uso della canapa
sembra portare una diminuzione delle prestazioni
psicofisiche, nell'attenzione, nei tempi di reazione, nella
coordinazione motoria, nella percezione.
Pare dimostrato
che l'abuso di canapa non provochi dipendenza fisica. Negli
abituali consumatori può presentarsi invece una forma di
dipendenza psicologica, indotta sia dal piacere che essi
riferiscono di provare attraverso la sostanza, sia - forse
soprattutto - da fattori d'ordine sociale, come i
condizionamenti del gruppo di cui essi fanno parte e il
desiderio dell'aggregazione ottenuta col "rituale"
dell'assunzione collettiva di canapa. |
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4.2 Meccanismi
d'azione e tossicità
La ricerca sui
meccanismi d'azione della canapa ha portato negli ultimi
anni all'identificazione di recettori cerebrali per il
tetraidrocannabinolo, il principio psicoattivo presente
nella marihuana e nell'hashish. Recettori per il
tetraidrocannabinolo sono stati localizzati a livello
dell'ippocampo, una struttura del sistema limbico che
possiede un ruolo importante nei processi di apprendimento e
memorizzazione. Zone cerebrali ricche di recettori per i
cannabinoli sono presenti nell'ipotalamo, centro nervoso
dell'adattamento fisiologico (fame, sete, regolazioni del
sistema ormonale, ecc.), nel cervelletto e nei gangli della
base, organi centrali per il coordinamento motorio. Questo
potrebbe spiegare alcuni effetti della canapa, come quello
di stimolare l'appetito e di ridurre la coordinazione
motoria.
La presenza di
recettori cerebrali per i cannabinoli suggeriva l'esistenza
di una molecola naturalmente prodotta dal sistema nervoso
capace di legarsi a tali strutture cellulari e di provocare
effetti simili a quelli della canapa: un cannabibolo
organico. Questa sostanza è stata scoperta nel 1992 dal
chimico israeliano Raphael Mechoulam, che ha voluto
chiamarla "anandammide", da Ananda (fonte di vita e
felicità), l'epiteto sanscrito con cui gli indiani
indicavano la canapa.
L'uso della canapa
provoca cambiamenti strutturali e funzionali nell'ippocampo
e ciò potrebbe spiegare il calo nel rendimento nei tests
cognitivi (sull'apprendimento e sulla memoria) che si
riscontra mediamente nei consumatori di marijuana e hashish.
Questo effetto tipico si amplifica nei casi di assunzione di
elevate dosi di canapa fino a giungere al quadro clinico di
una specifica sindrome, che è stata chiamata
"disintegrazione temporale", i cui sintomi sono la tendenza
a confondere passato, presente e futuro, spersonalizzazione,
senso di irrealtà. I consumatori cronici di marijuana
inoltre sembrano esibire una perdita di interesse e motivazioni
verso le cose ed una generale apatia, presentano quella che
è stata definita "sindrome amotivazionale". Le cause di tale
quadro di alterazioni comportamentali sono però ancora
controverse. Il ruolo dei fattori psicologici e sociali,
infatti, possiede in questo caso un peso determinante,
probabilmente superiore a quello proprio della pura azione
farmacologica della canapa.
Dato che la canapa
viene comunemente fumata, le affezioni più comuni tra i suoi
consumatori sono quelle delle vie respiratorie. Piuttosto
sensibile è l'incidenza dell'uso della canapa sugli
equilibri ormonali, soprattutto quelli destinati alla
regolazione delle funzioni e del comportamento sessuale.
Controverso è invece l'impatto della canapa indiana sul
sistema immunitario e quindi la possibilità che l'uso
cronico di questa sostanza riduca la resistenza alle
malattie. |
Recettori per i cannabinoidi nel
cervello di ratto
tetraidrocannabinolo |
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5. Ecstasy |
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5.1 Effetti
Gli effetti
ricercati dell'ecstasy non possono essere definiti
propriamente allucinogeni. Al di là delle alterazioni nella
percezione del tempo, infatti, l'ecstasy produce piuttosto
tipiche modificazioni sul vissuto affettivo, come la
sensazione di sentirsi più "vicino" agli altri e più capaci
di comprendere e risolvere la realtà intrapsichica,
l'euforia, la diminuzione delle paure e l'accrescimento
della fiducia. L'assoluta specificità degli effetti, rende
l'ecstasy una sostanza non riducibile ai tradizionali schemi
con cui si classificano gli agenti psicoattivi. In tal
senso, secondo taluni farmacologi, l'ecstasy costituirebbe
il prototipo di una nuova classe di composti psicotropi,
quella degli empatogeni.
L'ecstasy possiede
anche la tipica azione farmacologica degli amfetaminici:
eccitazione, rinforzo delle prestazioni psicomotorie,
aumento della vigilanza, con abolizione del sonno e infine
inibizione della fame.
Gli effetti
positivi svaniscono in media dopo 4-6 ore dall'assunzione,
lasciando il posto a sintomi di esaurimento psicofisico,
come stanchezza, insonnia, lieve depressione.
La tolleranza si
sviluppa per gli effetti piacevoli ma non per quelli
secondari, cioè a dire che l'uso continuo o la progressiva
assunzione di dosi più elevate aumentano gli effetti
collaterali senza amplificare gli effetti piacevoli. Anche
per tali ragioni, l'uso dell'ecstasy tende ad essere
limitato e saltuario. |
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ingrandimento
Effetti a lungo termine dell'uso
di Ecstasy. Clicca sull'immagine per un ingrandimento |
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5.2 Meccanismi
d'azione e tossicità
L'MDMA agisce a
livello dei neuroni serotoninergici, le cellule nervose
cioè che utilizzano la serotonina come trasmettitore. Come
abbiamo visto, la serotonina è un mediatore nervoso che
controlla importanti processi fisiologici come il sonno, i
sogni, il tono dell'umore, la fame, la sete, la regolazione
della temperatura corporea. I deficit e le alterazioni della
trasmissione nervosa regolata dalla serotonina sembrano
costituire la base biologica di alcune sindromi
psichiatriche come la depressione e la schizofrenia. I
farmaci antidepressivi come la fluoxetina (principio attivo
del Prozac) agiscono
potenziando la trasmissione serotoninergica.
L'ecstasy induce
la liberazione della serotonina a livello della sinapsi,
attivando in tal modo la trasmissione nelle popolazioni di
neuroni che usano la serotonina come mediatore chimico. Gli
effetti positivi e gratificanti dell'ecstasy sembrano dovuti
a questa azione farmacologica.
Tale attivazione
della trasmissione serotoninergica prodotta dall'ecstasy,
tuttavia, sembra provocare, attraverso un meccanismo a retroazione
cellulare, la riduzione della sintesi della serotonina. I
deficit di serotonina che si registrano negli animali e
nell'uomo in seguito ad assunzione di MDMA sarebbero così
all'origine della depressione che spesso si instaura
all'esaurirsi degli effetti della droga.
Il rischio
tossicologico connesso all'MDMA come molecola pura è ancora
piuttosto controverso. In primo luogo perché i dati sulla
tossicità dell'ecstasy sono stati ottenuti da ricerche in
vitro e sugli animali. Le condizioni sperimentali, le
differenze di specie, dosi, frequenza via e condizioni di
assunzione e metabolismo rendono impossibile una
estrapolazione diretta di tali studi all'uomo. Nei ratti, la
somministrazione ripetuta di ecstasy provoca un deficit di
serotonina piuttosto duraturo e la degenerazione delle
terminazioni nelle cellule serotoninergiche in diverse
regioni del cervello. Anche la fenfluramina possiede la
stessa azione tossica sul cervello di ratto. Ciononostante,
tale amfetamina viene largamente usata come farmaco
(Dima-fen, Pesos, Ponderal, in Italia tali farmaci sono
stati banditi dall Commissione Unica del Farmaco soltanto
nel settembre 1997) per curare l'obesità, senza che vengano
segnalati, alle dosi terapeutiche, effetti collaterali
importanti.
Del tutto certa è,
invece, la tossicità dell'Ecstasy come droga di strada
reperibile sul mercato illecito. L'MDMA viene prodotta in
laboratori clandestini molto spesso improvvisati, in
condizioni igieniche inadeguate e da operatori con
preparazione chimica approssimativa. Per questa ragione,
nelle dosi vendute in strada sono presenti prodotti
intermedi, sostanze contaminanti, solventi e reagenti
chimici non completamente rimossi, altamente tossici, alcuni
dei quali cancerogeni. Tra queste sostanze, il piombo occupa
la parte principale, arrivando a rappresentare anche il
50-60% della composizione delle dosi di strada. |
recettori serotoninergici a
livello del nucleo cerebrale del rafe
Effetti a lungo termine
dell'ecstasy. Clicca sull'immagine per un ingrandimento |
5.3 Overdose da
ecstasy e disabilità
L'intossicazione
acuta da MDMA si manifesta con gli stessi sintomi del colpo
di calore o ipertermia: febbre, tachicardia o aritmia
cardiaca, sudorazione, tachipnea (respirazione accelerata),
cianosi, rigidità muscolare, coagulazione intravasale
disseminata, trisma (contrattura dei muscoli masticatori),
rabdomiolisi (distruzione del muscolo scheletrico),
insufficienza renale acuta, convulsioni, infarti cerebrali.
Si suppone che l'ipertermia da ecstasy sia causata
dall'attivazione dei neuroni serotoninergici dei nuceli
cerebrali preposti al controllo della temperatura corporea.
Molti casi di ipertermia da ecstasy, tuttavia, dipendono
soprattutto da fattori diversi dall'azione farmacologica
della sostanza, come il setting, cioè il contesto in cui
essa viene assunta e le finalità dell'uso. Nell'uso
dell'ecstasy che si dà nelle discoteche, infatti, l'azione
piretica della sostanza viene enormemente amplificata dal
notevole riscaldamento prodotto dal prolungato sforzo
muscolare del ballo e dalla scarsa ventilazione e dall'alta
temperatura, che solitamente caratterizzano tali ambienti.
Dal punto di vista
epidemiologico, i rischi causati dalle disabilità indotte
dall'uso dell'ecstasy sono certamente maggiori di quelli
legati alle intossicazioni acute. Anche in tal caso, però, i
pericoli dipendono più dal setting (dal contesto e dalle
finalità dell'uso), che dagli effetti propri dell'ecstasy. È
accertato un andamento crescente del dato di positività agli
amfetaminici in soggetti deceduti in seguito ad incidente
stradale. Da un lato, gli effetti stimolanti dell'ecstasy,
con l'aumento della performance psicofisica e la stima
eccessiva delle capacità di far fronte ad ogni situazione
che a ciò generalmente si associa, pregiudicano le capacità
di giudicare i rischi connessi a determinati comportamenti,
come la guida veloce. Al contrario, l'affaticamento
psicofisico, che interviene in chi usa l'ecstasy come
"doping" da discoteca, con l'esaurisi degli effetti
stimolanti della sostanza e dopo le diverse ore di intenso
esercizio fisico notturno e di sovrastimolazione sensoriale,
facilita il sopravvenire del colpo di sonno durante il
viaggio di ritorno a casa. Molti degli incidenti del sabato
sera, come dimostrano i racconti delle persone a bordo e la
frequente assenza di segni di frenata, sono imputabili
all'addormentamento improvviso dei conducenti. |
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