Stefano Canali: storia, filosofia e divulgazione della medicina e delle neuroscienze

   

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Alter Ego, Droga e cervello

1: Storia delle droghe

2: Il Cervello

3: Farmacologia delle droghe

farmacologia delle droghe

1. Oppioidi

 

1.1 Meccanismi d'azione e tossicità

Con il termine oppioidi si indicano le sostanze derivate dall'oppio, come la codeina, la morfina che ne è l'alcaloide principale, e gli altri derivati semisintetici di quest'ultima molecola, prima fra tutti la diacetilmorfina: l'eroina.

Esistono forti somiglianze strutturali tra alcune parti delle molecole di oppioidi  e le endorfine. Per questa ragione, gli oppioidi sono in grado di modulare le funzioni dei neuroni che presentano recettori per le endorfine, legandosi ad essi. Gli effetti indotti dall'assunzione di oppioidi, pertanto, sono mediati dalle alterazioni funzionali da essi prodotte sulle strutture cerebrali in cui sono localizzati i recettori per le endorfine.
Gli oppioidi, come le endorfine, possiedono di norma una attività di tipo inibitorio sulle funzioni dei neuroni. L'attività inibente sui neuroni delle strutture che possiedono recettori per le endorfine, illustrate nel capitolo sul cervello, ci fa comprendere le basi biologiche dei maggiori effetti degli oppioidi a livello cerebrale.
L'azione principale degli oppioidi a livello del sistema nervoso è quella analgesica. La morfina è ancora oggi l'antidolorifico più efficace ed usato nella pratica medica. Gli oppioidi riducono l'attività dei neuroni presenti nelle strutture implicate nella percezione delle varie componenti del dolore. L'effetto analgesico della morfina si realizza quindi in maniera duplice: da una lato innalza la soglia percettiva del dolore, riducendo quindi l'intensità della stimolazione dolorifica percepita, e dall'altro - soprattutto - attenua la componente emotiva del dolore. Per cui il soggetto continua ad avvertire il dolore ma non sperimenta l'ansia, la paura e l'afflizione psicologica solitamente congiunta alla sofferenza fisica.

Gli oppiodi, quindi, inibiscono le funzioni dei centri della respirazione e della tosse, deprimendo così la ventilazione polmonare, tanto che gran parte dei decessi immediati da overdose di eroina è determinata da insufficienza respiratoria.
Gli oppioidi, infine, abbassano l'attività dei neuroni del locus coeruleus e del sistema limbico, generando una serie di effetti a livello emotivo di natura soggettivamente variabile, che dipendono non soltanto dall'azione farmacologica della sostanza ma da fattori d'ordine psicologico e condizionamenti di tipo culturale (motivazioni all'abuso di droga, aspettative, profilo caratteriale, valore culturale dell'abuso, ecc.). Nella grande variabilità soggettiva degli effetti psicologici emergono tuttavia dei tratti emotivi in qualche modo ricorrenti in ogni soggetto che fa uso di oppioidi e che sono forse da addebitare all'azione inibitoria di tali sostanze sulle strutture anatomiche implicate nel comportamento emotivo e motivazionale: una sensazione di distacco dal mondo e di disinteresse verso le cose, una forte tendenza all'apatia e l'assenza di ogni preoccupazione. È probabilmente questa sorta di anestesia emotiva (con la connessa abolizione di ogni stress) a rendere desiderabili gli oppioidi soprattutto alle persone con problemi di adattamento. L'abuso di oppioidi, in tal senso, rappresenterebbe il tentativo di aggiustare gli equilibri biopsicologici in qualche modo compromessi, attenuando artificialmente la connotazione emotiva delle esperienze e delle circostanze esistenziali.

L'assunzione endovenosa di eroina provoca in pochi secondi quello che  nel gergo dei tossicodipendenti viene chiamato "flash", l'esplosione di un intenso piacere, simile all'orgasmo sessuale, con sensazioni di caldo ed euforia. Questo stato acuto, che generalmente si esaurisce nel giro di un solo minuto, è accompagnato da prurito, restringimento delle pupille, abbassamento del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa. Segue quindi un marcato rallentamento dei processi ideomotori ed uno stato di sonnolenza. L'assunzione di oppioidi inibisce inoltre la liberazione di sostanze prodotte da un importante centro nervoso, l'ipotalamo, attraverso le quali il cervello controlla e dirige le funzioni dell'ipofisi, la ghiandola maestra del sistema endocrino. In tal modo, gli oppioidi scompensano gli equilibri ormonali, in special modo quelli che sono alla base del normale funzionamento dell'apparato riproduttivo.
Notevole è anche l'azione a livello gastrointestinale. Gli oppioidi riducono la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, della bile e del succo pancreatico a livello dell'intestino e ritardano in tal modo i processi digestivi. La motilità intestinale è fortemente depressa, tanto che a livello dell'intestino crasso le onde peristaltiche sono di fatto abolite e ciò, unitamente all'inibizione dello stimolo sensoriale che a livello cerebrale determina il riflesso della defecazione, spiega il marcato effetto costipante della morfina e dell'eroina.

Papavero da oppio e oppioidi derivati

 

 

 

 

 

 

Localizzazione dei recettori per gli oppioidi sul midollo allungato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PET che compara l'attività del cervello normale con quello sotto l'effetto dell'eroina. Clicca sull'immagine per un ingrandimento.


1.2 Tolleranza e dipendenza

Sicuramente più gravi e complesse delle alterazioni connesse all'uso e all'abuso degli oppioidi appena descritte sono le intricate problematiche biopsicologiche della tolleranza e della dipendenza a tali sostanze. La tolleranza, cui comunemente ci si riferisce con il termine improprio di assuefazione, è in generale il fenomeno biologico dell'adattamento dell'organismo alla presenza di sostanze tossiche e per il quale si dà una progressiva riduzione degli effetti farmacologici a parità di dose. La tolleranza, in sostanza, costringe un individuo ad assumere dosi sempre crescenti di droga per ottenere gli stessi effetti. In generale, la tolleranza dipende:

- dalla modificazione nella sintesi e nell'eliminazione del neurotrasmettitore attraverso il quale agisce la droga;

- da modificazioni a livello dei recettori su cui la sostanza agisce;

- da aggiustamenti funzionali esplicati dagli apparati nervosi su cui agisce la droga e da altre strutture organizzate del cervello da essa non direttamente influenzate, che tendono a contrastare e a compensare le alterazioni prodotte dalle sostanze psicoattive.

Nel caso della tolleranza alla morfina e all'eroina, l'apporto di oppioidi dall'esterno costringe i neuroni a contenere l'incremento della stimolazione dei siti recettoriali per le endorfine, su cui gli oppioidi vanno ad agire. Ciò si ottiene diminuendo da un lato la densità dei recettori per le endorfine e inibendo dall'altro la loro sintesi. L'uso cronico degli oppioidi, in definitiva, porta i neuroni dei sistemi regolati dalle endorfine a delegare le funzioni di controllo alla droga. Essi divengono di fatto incapaci di agire senza la presenza della sostanza tossica. Ciò porta ad una progressiva riduzione della risposta alla droga e alla necessità di un continuo apporto esterno di oppioidi per permettere il normale funzionamento dei sistemi endorfinici, cioè a dire alla dipendenza fisica. È questa la ragione per la quale l'interruzione improvvisa dell'assunzione dell'eroina nei tossicodipendenti provoca l'insorgenza drammatica della sindrome d'astinenza. L'assunzione abituale di oppioidi determina inoltre l'attivazione compensatoria della trasmissione neuronale nei circuiti inibiti dalla droga. Ciò innesca un circolo vizioso fisiologico. L'ipereccitabilità di tali circuiti nervosi, infatti, comporta a sua volta la necessità di dosi sempre più elevate di oppioidi per essere controllata, provocando così un progressivo innalzamento del livello di tolleranza e una dipendenza fisica sempre più dura. L'iperfunzionalità compensatoria si esprime prepotentemente nella sindrome d'astinenza, quando, con l'interruzione dell'assunzione di oppioidi, viene a mancare la sostanza che ne controllava le manifestazioni.

Anche un altro neurotrasmettitore sembra coinvolto nei fenomeni della tolleranza e della dipendenza agli oppioidi: la noradrenalina. Il locus coeruleus, infatti, la stazione d'origine delle fibre contenenti noradrenalina, presenta recettori per gli oppioidi. La somministrazione di queste ultime sostanze produce inibizione dell'attività elettrica del locus coeruleus e la sua stimolazione provoca effetti simili a quelli della sindrome d'astinenza. L'inibizione da oppioidi dei neuroni contenenti noradrenalina del locus coeruleus si riduce dopo ripetute somministrazioni, al contrario, l'interruzione della somministrazione delle stesse sostanze induce un aumento dell'attività di tali neuroni.

La dipendenza possiede inoltre una forte compenente psicologica, quella che soggiace all'impellente desiderio, all'assoluta necessità della droga (quello che gli anglossassoni chiamano Craving). La dipendenza psicologica deriva dalla gratificazione che l'individuo ottiene dall'assunzione della droga e dalla necessità di evitare il malessere che sperimenta quando ne è privo (la sindrome d'astinenza). Pur avendo una base biologica, la dipendenza psicologica è soprattutto il prodotto di rappresentazioni affettive e cognitive, per cui le sue manifestazioni sono assolutamente soggettive e collegate ad esperienze individuali e contesti socio-culturali.

SPECT che compara i livelli di attività tra il cervello di un soggetto sano e quello di un soggetto eroinomane. Clicca sull'immagine per un ingrandimento

 

 

 

 

 

PET che illustra l'attività cerebrale in caso di dipendenza e nella sindrome d'astinenza. Clicca sull'immagine per un ingrandimento

 

 


1.3 Complicazioni mediche connesse all'abuso di oppioidi

La patologia più grave direttamente legata all'abuso di oppioidi è la sindrome da iperdosaggio, l'overdose. Il sintomo più grave dell'iperdosaggio da oppioidi è la depressione respiratoria, che può portare alla morte immediata per insufficienza respiratoria, per asfissia. Marcata è anche una generale inibizione delle funzioni del sistema nervoso centrale che può portare al coma. È presente quindi una grave depressione cardiovascolare che determina notevoli alterazioni nei processi di scambio dei liquidi tra sistema circolatorio e tessuti e quindi accumulo di fluidi negli spazi tra le cellule degli organi (edema), soprattutto del cervello e dei polmoni. I decessi da complicazioni da overdose sono dovuti nella maggior parte dei casi a gravi edemi cerebrali acuti.

L'overdose può causare inoltre problemi vascolari, come la formazione di trombi (masse semisolide di elementi del sangue coagulati nei vasi) nelle arterie cerebrali. L'occlusione delle arterie determinata dalla presenza dei trombi provoca una insufficiente irrorazione sanguigna (ischemia) delle cellule cerebrali e quindi la loro morte. Ciò porta a deficit più o meno seri nelle funzioni svolte dalle parti del cervello colpite da ischemia. L'overdose induce frequentemente l'insorgenza di un delirio acuto, che generalmente si risolve in pochi giorni ma che, talora, può anticipare lo svilupparsi di demenze organiche e deterioramenti cognitivi.

La gran parte dei decessi connessi all'uso di eroina, tuttavia, non sembra imputabile a iperdosaggio dell'oppioide. La morte da reale overdose generalmente si dà nei soggetti che non hanno sviluppato tolleranza alla droga, e questo non è il caso dei tossicodipendenti, ma di coloro che assumono l'eroina per la prima volta o dei tossicomani disintossicati che si riavvicinano nuovamente all'eroina. Per comprendere le cause dei decessi dei tossicodipendenti, in numero di gran lunga superiore a quello registrato nelle fila dei neofiti dell'eroina, invece, occorre tenere presente, in primo luogo, che l'eroina di strada è una miscela di più sostanze e che molto spesso l'autosomministrazione della droga è accompagnata dall'assunzione di altre sostanze intossicanti, come droghe diverse dall'eroina, alcool e psicofarmaci (benzodiazepine e barbiturici). Molti casi di morte sono dovuti infatti dalla deliberata ingestione di l'alcool e di farmaci tranquillanti, sostanze che amplificano taluni effetti letali propri dell'eroina, come quello di inibizione della respirazione e delle funzioni cardiovascolari. Molti altri decessi sono invece da imputare a altri fenomeni di sommazione della tossicità, quelli dovuti alle varie sostanze usate per il "taglio", dell'eroina spacciata in strada, dalla stricnina al chinino, dal talco all'efedrina, dalla nicotina al cianuro, dall'acido salicilico all'amido. Non infrequenti sono inoltre i casi di morte per shock anafilattico, per reazioni immunitarie acute alle sostanze da taglio o ad altre impurità presenti nell'eroina di strada.

 

Sindrome d'astinenza

Un'altra patologia direttamente connessa alla dipendenza da oppioidi è la sindrome d'astinenza. La sindrome d'astinenza si determina nei soggetti tossicodipendenti in seguito alla sospensione dell'assunzione abituale di droga. La sua gravità dipende dalla gravità della dipendenza sviluppata verso la sostanza di cui fa abuso. Nel caso della sindrome d'astinenza da oppioidi si presentano, per un effetto di rimbalzo, dei sintomi clinici di segno opposto a quello determinato dall'assunzione di tali sostanze. Avremo quindi in successione: ansia, irritabilità, sudorazione, lacrimazione, secrezioni nasali, tremori muscolari, piloerezione, anoressia, insonnia, ipertensione, tachicardia, nausea, vomito, diarrea, eiaculazione spontanea o orgasmo, insufficienza renale, ed infine una serie di alterazioni a carico del sangue. Nei casi di forte dipendenza all'eroina, la sindrome può cominciare addirittura dopo sole otto ore dall'ultima assunzione della droga. Il picco di gravità dei sintomi viene raggiunto verso i tre giorni e può durare per 48 ore. La sindrome infine si risolve dopo 7-10 giorni dal suo inizio con la scomparsa dei sintomi dell'astinenza e la disintossicazione fisica. La normalizzazione completa degli equilibri fisiologici richiede tuttavia molto più tempo e alcune patologie contratte con la tossicodipendenza possono permanere per il resto della vita. Anche la dipendenza psicologica possiede vita molto più lunga di quella fisica. Il bisogno (craving) di droga, evocato dal ricordo del piacevole distacco dal mondo connesso all'uso dell'eroina o da altri fattori psichici e sociali, può restare presente e indurre ad un uso di tipo recidivo, con ripetitute remissioni e ricadute nella tossicodipendenza.

 

Patologie non direttamente connesse agli oppioidi

La tossicodipendenza e, in particolare, l'eroinomania portano, indipendentemente dalla presenza dell'AIDS, a notevoli disturbi delle funzioni del sistema immunitario e quindi diminuiscono la resistenza alle malattie. Per questa ragione, unitamente alla relativa cura dell'igiene cui sono costretti coloro che fanno uso di eroina di strada (scambio di siringhe, promiscuità sessuale, cattiva igiene degli strumenti per la preparazione e l'assunzione della dose, contaminazione batterica delle dosi acquistate, ecc.), le infezioni batteriche e virali hanno in questo gruppo sociale un'incidenza notevolmente maggiore che nel resto della popolazione. Esse sono responsabili di alcune delle numerosissime affezioni di varia gravità che colpiscono gli eroinomani, tra le quali:

- setticemie, con o senza endocarditi (infiammazioni delle membrane delle valvole e delle pareti interne del cuore ad elevata mortalità);

- polmoniti;

- infezioni delle ossa, delle articolazioni e dei reni;

- epatiti virali;

- AIDS;

- Toxoplasmosi;

- Citomegalovirus;

- ascessi, lesioni e ulcere della pelle;

- infiammazioni dei vasi

A livello polmonare, la presenza di corpi estranei o di sostanze da taglio per l'eroina può causare l'insorgenza di granulomi. Gli eroinomani sono maggiormente esposti al rischio di contrarre la tubercolosi rispetto alla popolazione generale. Negli eroinomani si possono osservare, inoltre, pleuriti purulente, asma, embolie da infezione microbica.

Un disturbo al sistema nervoso correlato alla eroinomania piuttosto diffuso è quello dell'ambliopia tossica da chinino. Il chinino, usato per tagliare l'eroina di strada, esercita un'azione tossica sulle strutture del sistema nervoso preposte alla sensibilità visiva e quindi la sua assunzione abbassa la vista sino a provocare la cecità. L'eroina di strada è spesso prodotta da chimici improvvisati che tavolta possono giungere a sintetizzare e quindi spacciare sostanze estremamente tossiche per i tessuti cerebrali. È il caso dell'MPTP, un'eroina sintetica capace di distruggere selettivamente i nuclei cerebrali preposti al controllo del movimento e di provocare, nel giro di poche ore dall'iniezione, forme gravissime di parkinsonismo, sino alla completa rigidità muscolare.

 

Eroina e funzioni sessuali e riproduttive

L'eroina interferisce con la regolazione centrale del sistema endocrino e quindi altera le funzioni in cui sono implicati processi ormonali. Le funzioni sessuali risultano vistosamente influenzate. Si manifestano nell'uomo una diminuzione della libido sessuale, impotenza, eiaculazione ritardata, diminuzione della fertilità. Nella donna, invece, sono comuni le turbe al ciclo mestruale.

Le eroinomani presentano in media un maggiore rischio di aborti spontanei e parti prematuri. I bambini di madri eroinomani hanno uno sviluppo fetale minore della media e, al contrario, una mortalità superiore. Un elevato rischio di mortalità è quello connesso alla manifestazione nei neonati della sindrome d'astinenza. La dipendenza fisica all'eroina infatti si trasmette dalla madre al feto e conseguentemente il neonato va immediatamente trattato con terapia farmacologica adeguata.

Intervento per caso di overdose

 

 

 

 

 

 

Laboratorio clandestino per la preparazione di dosi di eroina da strada

 

 

 

 

 

 

 


2. Cocaina

 

2.1 Modalità d'assunzione ed effetti

La cocaina è il principale alcaloide delle foglie della pianta di Coca. Gli effetti e la tossicità della cocaina sono condizionati dalla modalità e dal tipo di forma con cui viene assunta. Fattori fondamentali sono la velocità di assorbimento e la concentrazione della cocaina nella forma in cui viene assunta.

La forma più diffusa in cui si presenta la cocaina è quella della cosiddetta cocaina di strada. Tale presentazione è abbondantemente adulterata da tagli più o meno attivi farmacologicamente (una dose presenta mediamente non più del 50-60% di cocaina), per cui gli effetti e la tossicità (purtroppo sempre maggiore nelle droghe spacciate) sono molto diversi da quelli propri della cocaina pura.

La cocaina viene assunta attraverso:

- il fumo dei prodotti di combustione allo stato solido: pasta di coca;

- il fumo dei vapori: free-base e crack, un metodo caratterizzato da grande velocità di assorbimento, rapidità e quindi anche bevità degli effetti, la cocaina in tali presentazioni non supera le concentrazioni del 50%;

- la via orale, per ingestione, un uso che comporta un assorbimento piuttosto lento e scarso, con effetti non intensi ma più persistenti;

- la via intranasale, attraverso il cosiddetto sniffo, il metodo più diffuso, facile e caratterizzato da grande velocità di assorbimento, intensità e brevità degli effetti;

- la via endovenosa, quella più pericolosa in quanto permette l'assorbimento completo della sostanza e determina alte concentrazioni di cocaina nel sangue in tempi ridottissimi;

- per assorbimento delle mucose orali.

 

La cocaina possiede principalmente tre tipi di effetti:

- anestetico a livello locale;

- simpaticomimetico, cioè a dire riproduce le risposte fisiologiche dell'attivazione del sistema nervoso simpatico: tachicardia, vascocostrizione, ipertermia, aumento della pressione arteriosa, ecc.;

- stimolante del sistema nervoso centrale: aumenta la vigilanza, induce euforia, acuisce le sensazioni percettive, dà un senso di accresciuta forza fisica e capacità mentale, abolisce il sonno e la fame. Gli effetti psicologici sono di natura estremamente variabile in quanto dipendono dagli stati emotivi e dalle aspettative connesse all'assunzione della sostanza e dal valore accreditato alla cocaina. L'effetto preminente è comunque quello dell'aumento del senso dell'Io, che può andare però dalla semplice all'amplificazione parossistica dell'ego, con degenerazioni psicopatologiche di carattere maniacale (megalomania, manie di persecuzione, ansie di carattere paranoico).

La cocaina assunta per via intranasale agisce in maniera estremante rapida, raggiungendo in pochi secondi il cervello e provocando una brevissima sensazione di intenso piacere, il rush. La velocità d'azione farmacologica della cocaina, però, fa sì che l'euforia che si instaura dopo il rush svanisca dopo una trentina di minuti, lasciando il soggetto in condizioni di ansia, depressione ed irritabilità (stato cui i consumatori abituali si riferiscono col termine down) ed inducendolo a ripetere l'assunzione della dose. Questa modalità d'assunzione, pertanto, conduce facilmente al consumo cronico della cocaina e allo svilupparsi della dipendenza.

La natura degli effetti della cocaina varia non soltanto in dipendenza dell'entità della dose, ma anche con la frequenza con la quale essa viene assunta. L'abuso cronico di cocaina conduce, infatti, alla cosiddetta tolleranza inversa, un fenomeno per cui il soggetto diviene via via più sensibile ad alcuni degli effetti, nel caso della cocaina a quelli psicotomimetici, gli effetti cioè che imitano stati psicotici (allucinazioni, deliri, paranoie).

Con l'uso abituale, il malessere psicofisico che si accompagna all'esaurimento degli effetti della cocaina diviene sempre più spiacevole e difficile da sopportare e si configura come una reale sindrome d'astinenza, i cui sintomi principali sono la depressione, l'esaurimento fisico, l'irritabilità e soprattutto il desiderio compulsivo e irrefrenabile della cocaina. La prostrazione che segue tale stato in gergo viene appropriatamente chiamata crash.

Foglia e seme di Coca

 

 

 

Cocaina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Effetti a lungo termine della Cocaina. Clicca sull'immagine per un ingrandimento


2.2 Meccanismi d'azione

Gli effetti della cocaina sul sistema nervoso centrale sono dovuti all'azione che essa esercita sulla neurotrasmissione mediata dalla dopamina. La dopamina è il neurotrasmettitore fondamentale del sistema di ricompensa cerebrale ed entra in azione in tutte le situazioni in cui si sperimentano sensazioni gratificanti e piacevoli.

La cocaina impedisce il riassorbimento della dopamina da parte delle terminazioni nervose, ciò determina un aumento della disponibilità del trasmettitore nervoso a livello sinaptico e un incremento della trasmissione nervosa dopaminergica e quindi una iperfunzionalità dei sistemi cerebrali del piacere e della ricompensa.

L'iperfunzionamento cronico di tali sistemi indotto dalla cocaina porta ad un deficit della dopamina. La carenza di dopamina così instauratasi provoca, quando viene a mancare la stimolazione della cocaina, il blocco della trasmissione nei sistemi di ricompensa e del piacere nel cervello. Questo fenomeno è alla base della depressione e dell'esaurimeno psicofisico che compaiono durante l'astinenza nei cocainomani.

Animazione dei Meccanismi d'azione della cocaina. Clicca sull'immagine per visualizzare l'animazione con commento parlato


2.3 Complicazioni mediche connesse all'abuso di cocaina

Le reazioni negative all'intossicazione acuta da cocaina investono sia la sfera fisica che quella psichica. I disturbi fisici caratteristici sono quelli della tachicardia, della sudorazione, delle contratture muscolari, della nausea, dei tremori, della anoressia e dell'insonnia. Per quanto riguarda gli aspetti psicologici e comportamentali vanno annoverati l'ipereccitazione, l'ansia, la tensione, l'aggressività e le allucinazioni. Molto spiacevoli sono inoltre i sintomi che si instaurano dopo l'esaurirsi dell'effetto, soprattutto la depressione.

L'intossicazione acuta da iperdosaggio di cocaina si manifesta in maniera piuttosto drammatica con deliri, allucinazioni, comportamenti aggressivi e violenti, polso irregolare, collasso, infarto al miocardio e al cervello, convulsioni, shock, coma, ictus, arresto del respiro.

L'abuso continuato di cocaina porta ad una riduzione dell'attività metabolica dei neuroni cerebrali e quindi ad una diminuzione della loro funzionalità (Fig. 25). L'intossicazione cronica di cocaina può portare a un vistoso deperimento organico (per anoressia e insonnia) e a gravi turbe neurologiche e psichiatriche. Le alterazioni neurologiche sono rappresentate da tremori, tic, corea, attacchi epilettici, convulsioni e paralisi. Le turbe psichiatriche tipiche dell'abuso cronico di cocaina sono invece le manie, i comportamenti ripetitivi e stereotipati, i deliri paranoici.

L'uso cronico di cocaina può determinare epatiti tossiche, disturbi respiratori (nel ritmo e nella profondità), perforazione del setto nasale (nel caso di assunzione per via intranasale), infiammazione delle vie aeree e broncospasmo nel caso di fumo di crack. L'uso continuativo di cocaina produce alterazioni al sistema endocrino, influendo soprattutto sugli equilibri ormonali che controllano le funzioni sessuali.

Col progredire dell'intossicazione cronica, contrariamente a quanto succede per gli eroinomani, il fenomeno della tolleranza inversa espone i cocainomani a un rischio sempre maggiore di overdose. Parecchi sono i sintomi che indicano che si sta raggiungendo il livello di iperdosaggio, esponendosi quindi ai rischi, talvolta anche mortali, in esso implicati: sudore freddo, pallore, ansia, aggressività, insonnia, eccessiva irritabilità. Chi consuma cocaina dovrebbe prestare estrema attenzione a questi sintomi. Essi infatti indicano che l'organismo non è più in grado di tollerare ulteriori dosi di cocaina e che l'overdose è alle porte.

L'uso di cocaina da parte delle donne in gravidanza può causare rottura della placenta e aborto. I neonati di madri cocainomani hanno uno sviluppo ponderale minore della media, presentano molto spesso delle anomalie nell'attività elettroencefalografica e possono talvolta manifestare il quadro tipico della sindrome d'astinenza alla cocaina. La cocaina è presente nel latte di donne dedite a tale droga e viene pertanto assunta dal neonato in allattamento.

Crack


3. Amfetamine  

3.1 Effetti e meccanismi d'azione

Le amfetamine sono un gruppo di sostanze di sintesi messe a punto negli anni '30 come farmaci per la terapia dell'asma. Le amfetamine possiedono infatti, oltre alle proprietà stimolanti, euforizzanti ed anoressizzanti, un'azione broncodilatatrice. Gli effetti delle amfetamine, eccetto che per l'azione anestetica, coincidono con quelli propri della cocaina. Anche i sistemi nervosi su cui agiscono le amfetamine corrispondono a quelli interessati dall'azione della cocaina. Le amfetamine inibiscono il riassorbimento della dopamina da parte delle terminazioni nervose dopo la neurotrasmissione e determinano un maggiore rilascio di tale neurotrasmettitore da parte dei neuroni che lo contengono. Le molecole di amfetamina possiedono inoltre una somiglianza strutturale la noradrenalina, un neurotrasmettitore, come abbiamo visto, implicato nell'attivazione cerebrale e nella regolazione emozionale. Ciò contribuisce a spiegare le proprietà psicostimolanti di tale sostanza d'abuso.

PET effetti amfetamine. Clicca sull'immagine per un ingrandimento

 

 


3.2 Tolleranza inversa e tossicità

Le amfetamine, come la cocaina, producono il fenomeno della tolleranza inversa ad alcuni degli effetti (soprattutto quelli psicotropi), mettendo a maggior rischio di overdose proprio coloro che assumono abitualmente tali sostanze. Gli effetti della cocaina e delle amfetamine che vanno incontro a tolleranza inversa sono praticamente identici (sensibilizzazione crociata). È pertanto inutile e pericoloso, per chi fa uso abituale di una di queste sostanze stimolanti, passare all'uso dell'altra per evitare la sindrome da iperdosaggio.

Nell'uso cronico, l'astinenza produce, come la cocaina, forte depressione psicofisica e quindi bisogno irresistibile di amfetamine. Per questa ragione la dipendenza a tali sostanze è soprattutto di natura psicologica.

La tossicità acuta e cronica delle amfetamine ricalca in gran parte quella descritta per la cocaina. Le amfetamine sembrano però avere una diversa tossicità sul sistema nervoso centrale. Sugli animali sottoposti a forti dosaggi di amfetamine è stata osservata infatti una degenerazione permanente dei neuroni contenenti dopamina, con una conseguente incapacità di sperimentare il piacere e la ricompensa (anedonia). Ciò potrebbe spiegare l'anedonia persistente talvolta riferita dai forti consumatori di amfetamine.

Animazione dei Meccanismi d'azione delle amfetamine. Clicca sull'immagine per visualizzare l'animazione con commento parlato


4. Canapa indiana  

4.1 Effetti

Gli effetti della canapa indiana sono estremamente variabili. Essi sono diversi da individuo ad individuo in quanto dipendono dalla qualità e dalla quantità della dose, dalla via di assunzione, dal contesto in cui la droga viene assunta, dalle aspettative, e dalla base biologica individuale su cui si va ad esercitare l'azione psicotropa della sostanza.

Esiste comunque una serie di effetti più caratteristici e ricorrenti così descrivibile:

- senso di distacco dal mondo, benessere, euforia;

- sedazione e sonnolenza;

- distorsione del senso del tempo, dello spazio e della visione;

- occasionalmente, illusioni ed allucinazioni.

L'uso della canapa sembra portare una diminuzione delle prestazioni psicofisiche, nell'attenzione, nei tempi di reazione, nella coordinazione motoria, nella percezione.

Pare dimostrato che l'abuso di canapa non provochi dipendenza fisica. Negli abituali consumatori può presentarsi invece una forma di dipendenza psicologica, indotta sia dal piacere che essi riferiscono di provare attraverso la sostanza, sia - forse soprattutto - da fattori d'ordine sociale, come i condizionamenti del gruppo di cui essi fanno parte e il desiderio dell'aggregazione ottenuta col "rituale" dell'assunzione collettiva di canapa.


4.2 Meccanismi d'azione e tossicità

La ricerca sui meccanismi d'azione della canapa ha portato negli ultimi anni all'identificazione di recettori cerebrali per il tetraidrocannabinolo, il principio psicoattivo presente nella marihuana e nell'hashish. Recettori per il tetraidrocannabinolo sono stati localizzati a livello dell'ippocampo, una struttura del sistema limbico che possiede un ruolo importante nei processi di apprendimento e memorizzazione. Zone cerebrali ricche di recettori per i cannabinoli sono presenti nell'ipotalamo, centro nervoso dell'adattamento fisiologico (fame, sete, regolazioni del sistema ormonale, ecc.), nel cervelletto e nei gangli della base, organi centrali per il coordinamento motorio. Questo potrebbe spiegare alcuni effetti della canapa, come quello di stimolare l'appetito e di ridurre la coordinazione motoria.

La presenza di recettori cerebrali per i cannabinoli suggeriva l'esistenza di una molecola naturalmente prodotta dal sistema nervoso capace di legarsi a tali strutture cellulari e di provocare effetti simili a quelli della canapa: un cannabibolo organico. Questa sostanza è stata scoperta nel 1992 dal chimico israeliano Raphael Mechoulam, che ha voluto chiamarla "anandammide", da Ananda (fonte di vita e felicità), l'epiteto sanscrito con cui gli indiani indicavano la canapa.

L'uso della canapa provoca cambiamenti strutturali e funzionali nell'ippocampo e ciò potrebbe spiegare il calo nel rendimento nei tests cognitivi (sull'apprendimento e sulla memoria) che si riscontra mediamente nei consumatori di marijuana e hashish. Questo effetto tipico si amplifica nei casi di assunzione di elevate dosi di canapa fino a giungere al quadro clinico di una specifica sindrome, che è stata chiamata "disintegrazione temporale", i cui sintomi sono la tendenza a confondere passato, presente e futuro, spersonalizzazione, senso di irrealtà. I consumatori cronici di marijuana inoltre sembrano esibire una perdita di interesse e motivazioni verso le cose ed una generale apatia, presentano quella che è stata definita "sindrome amotivazionale". Le cause di tale quadro di alterazioni comportamentali sono però ancora controverse. Il ruolo dei fattori psicologici e sociali, infatti, possiede in questo caso un peso determinante, probabilmente superiore a quello proprio della pura azione farmacologica della canapa.

Dato che la canapa viene comunemente fumata, le affezioni più comuni tra i suoi consumatori sono quelle delle vie respiratorie. Piuttosto sensibile è l'incidenza dell'uso della canapa sugli equilibri ormonali, soprattutto quelli destinati alla regolazione delle funzioni e del comportamento sessuale. Controverso è invece l'impatto della canapa indiana sul sistema immunitario e quindi la possibilità che l'uso cronico di questa sostanza riduca la resistenza alle malattie.

Recettori per i cannabinoidi nel cervello di ratto

 

 

 

tetraidrocannabinolo


5. Ecstasy  

5.1 Effetti

Gli effetti ricercati dell'ecstasy non possono essere definiti propriamente allucinogeni. Al di là delle alterazioni nella percezione del tempo, infatti, l'ecstasy produce piuttosto tipiche modificazioni sul vissuto affettivo, come la sensazione di sentirsi più "vicino" agli altri e più capaci di comprendere e risolvere la realtà intrapsichica, l'euforia, la diminuzione delle paure e l'accrescimento della fiducia. L'assoluta specificità degli effetti, rende l'ecstasy una sostanza non riducibile ai tradizionali schemi con cui si classificano gli agenti psicoattivi. In tal senso, secondo taluni farmacologi, l'ecstasy costituirebbe il prototipo di una nuova classe di composti psicotropi, quella degli empatogeni.

L'ecstasy possiede anche la tipica azione farmacologica degli amfetaminici: eccitazione, rinforzo delle prestazioni psicomotorie, aumento della vigilanza, con abolizione del sonno e infine inibizione della fame.

Gli effetti positivi svaniscono in media dopo 4-6 ore dall'assunzione, lasciando il posto a sintomi di esaurimento psicofisico, come stanchezza, insonnia, lieve depressione.

La tolleranza si sviluppa per gli effetti piacevoli ma non per quelli secondari, cioè a dire che l'uso continuo o la progressiva assunzione di dosi più elevate aumentano gli effetti collaterali senza amplificare gli effetti piacevoli. Anche per tali ragioni, l'uso dell'ecstasy tende ad essere limitato e saltuario.

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Effetti a lungo termine dell'uso di Ecstasy. Clicca sull'immagine per un ingrandimento


5.2 Meccanismi d'azione e tossicità

L'MDMA agisce a livello dei neuroni serotoninergici, le cellule nervose cioè che utilizzano la serotonina come trasmettitore. Come abbiamo visto, la serotonina è un mediatore nervoso che controlla importanti processi fisiologici come il sonno, i sogni, il tono dell'umore, la fame, la sete, la regolazione della temperatura corporea. I deficit e le alterazioni della trasmissione nervosa regolata dalla serotonina sembrano costituire la base biologica di alcune sindromi psichiatriche come la depressione e la schizofrenia. I farmaci antidepressivi come la fluoxetina (principio attivo del Prozac) agiscono potenziando la trasmissione serotoninergica.

L'ecstasy induce la liberazione della serotonina a livello della sinapsi, attivando in tal modo la trasmissione nelle popolazioni di neuroni che usano la serotonina come mediatore chimico. Gli effetti positivi e gratificanti dell'ecstasy sembrano dovuti a questa azione farmacologica.

Tale attivazione della trasmissione serotoninergica prodotta dall'ecstasy, tuttavia, sembra provocare, attraverso un meccanismo a retroazione cellulare, la riduzione della sintesi della serotonina. I deficit di serotonina che si registrano negli animali e nell'uomo in seguito ad assunzione di MDMA sarebbero così all'origine della depressione che spesso si instaura all'esaurirsi degli effetti della droga.

Il rischio tossicologico connesso all'MDMA come molecola pura è ancora piuttosto controverso. In primo luogo perché i dati sulla tossicità dell'ecstasy sono stati ottenuti da ricerche in vitro e sugli animali. Le condizioni sperimentali, le differenze di specie, dosi, frequenza via e condizioni di assunzione e metabolismo rendono impossibile una estrapolazione diretta di tali studi all'uomo. Nei ratti, la somministrazione ripetuta di ecstasy provoca un deficit di serotonina piuttosto duraturo e la degenerazione delle terminazioni nelle cellule serotoninergiche in diverse regioni del cervello. Anche la fenfluramina possiede la stessa azione tossica sul cervello di ratto. Ciononostante, tale amfetamina viene largamente usata come farmaco (Dima-fen, Pesos, Ponderal, in Italia tali farmaci sono stati banditi dall Commissione Unica del Farmaco soltanto nel settembre 1997) per curare l'obesità, senza che vengano segnalati, alle dosi terapeutiche, effetti collaterali importanti.

Del tutto certa è, invece, la tossicità dell'Ecstasy come droga di strada reperibile sul mercato illecito. L'MDMA viene prodotta in laboratori clandestini molto spesso improvvisati, in condizioni igieniche inadeguate e da operatori con preparazione chimica approssimativa. Per questa ragione, nelle dosi vendute in strada sono presenti prodotti intermedi, sostanze contaminanti, solventi e reagenti chimici non completamente rimossi, altamente tossici, alcuni dei quali cancerogeni. Tra queste sostanze, il piombo occupa la parte principale, arrivando a rappresentare anche il 50-60% della composizione delle dosi di strada.

recettori serotoninergici a livello del nucleo cerebrale del rafe

 

 

 

Effetti a lungo termine dell'ecstasy. Clicca sull'immagine per un ingrandimento

5.3 Overdose da ecstasy e disabilità

L'intossicazione acuta da MDMA si manifesta con gli stessi sintomi del colpo di calore o ipertermia: febbre, tachicardia o aritmia cardiaca, sudorazione, tachipnea (respirazione accelerata), cianosi, rigidità muscolare, coagulazione intravasale disseminata, trisma (contrattura dei muscoli masticatori), rabdomiolisi (distruzione del muscolo scheletrico), insufficienza renale acuta, convulsioni, infarti cerebrali. Si suppone che l'ipertermia da ecstasy sia causata dall'attivazione dei neuroni serotoninergici dei nuceli cerebrali preposti al controllo della temperatura corporea. Molti casi di ipertermia da ecstasy, tuttavia, dipendono soprattutto da fattori diversi dall'azione farmacologica della sostanza, come il setting, cioè il contesto in cui essa viene assunta e le finalità dell'uso. Nell'uso dell'ecstasy che si dà nelle discoteche, infatti, l'azione piretica della sostanza viene enormemente amplificata dal notevole riscaldamento prodotto dal prolungato sforzo muscolare del ballo e dalla scarsa ventilazione e dall'alta temperatura, che solitamente caratterizzano tali ambienti.

Dal punto di vista epidemiologico, i rischi causati dalle disabilità indotte dall'uso dell'ecstasy sono certamente maggiori di quelli legati alle intossicazioni acute. Anche in tal caso, però, i pericoli dipendono più dal setting (dal contesto e dalle finalità dell'uso), che dagli effetti propri dell'ecstasy. È accertato un andamento crescente del dato di positività agli amfetaminici in soggetti deceduti in seguito ad incidente stradale. Da un lato, gli effetti stimolanti dell'ecstasy, con l'aumento della performance psicofisica e la stima eccessiva delle capacità di far fronte ad ogni situazione che a ciò generalmente si associa, pregiudicano le capacità di giudicare i rischi connessi a determinati comportamenti, come la guida veloce. Al contrario, l'affaticamento psicofisico, che interviene in chi usa l'ecstasy come "doping" da discoteca, con l'esaurisi degli effetti stimolanti della sostanza e dopo le diverse ore di intenso esercizio fisico notturno e di sovrastimolazione sensoriale, facilita il sopravvenire del colpo di sonno durante il viaggio di ritorno a casa. Molti degli incidenti del sabato sera, come dimostrano i racconti delle persone a bordo e la frequente assenza di segni di frenata, sono imputabili all'addormentamento improvviso dei conducenti.

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